LA F1 E’ ANCORA PERICOLOSA

Pubblicato: 30 Maggio 2011 da @RTURCATO83 in Autosprint, dagli archivi, fia, formula 1, renault, SAUBER, segnalazioni, Varie
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Nonostante la facciata da videogame di Playstation che la F1 ha assunto ultimamente, gli incidenti del gp di Monaco ci riportano sulla terra e ci ricordano, come dicono gli inglesi, che Motorsport is dangerous, il motorsport è pericoloso. Perez e Petrov per fortuna sono scesi incolumi dalle loro vetture, anche se il messicano ha dovuto saltare il gp. Di questo bisogna ringraziare la sicurezza delle monoposto aumentata in modo esponenziale e l’utilizzo del collare Hans che sorregge la testa dei piloti. Solo una ventina di anni fa in un incidente come quello di Perez , Karl Wendingler, sempre su sauber tra l’altro, uscito nello stesso punto e stesso modo rimase in coma per un mese. Da quella stagione tragica, il 1994, dopo le morti di Senna e Ratzenberg, gli incidenti di Wendingler, Montermini, Barrichello, Lamy, Letho, cambiò la costruzion e delle monoposto e l’attenzione verso la sicurezza del pilota. Di questo dobbiamo ringraziare Max Mosley che non deve essere ricordato solo per le orgie naziste a cui partecipava, quelle non c’entrano con il lavoro fatto in tutti questi anni.Se la Fia sotto Mosley non avesse insistito ad introdurre certe misure, come sarebe andata oggi per Perez? Un’altra considerazione va alle piste. Lasciamo stare al momento il cercare di capire perchè da 50anni non si sposta quel rail all’uscita del tunnel di Montecarlo. I tilkodromi di ultima generazione, con le vie di fuga come aeroporti, ci hanno fatto dimenticare il senso del pericolo nei tracciati e del fatto che un errore di guida  può costare ancora caro. E’ bastato che sabato Perez sia uscito di traiettoria ed abbia raccolto “un po’” di trucioli di gomma per trovarsi con la sua Sauber ingovernabile. Fosse stato a Shangai, Abu Dhabi o altro non sarebbe successo nulla…ma  Monaco non perdona. Non perdona come le piste old style tipo Suzuka, dove se sbagli paghi.Ovvio che la sicurezza nei circuiti non è sbagliata, ma nemmeno avere spazi come aeroporti ai lati delle piste dove anche se sbagli va tutto bene e torni in gara.Non si deve arrivare all’eccesso proposto da Merzario con il ritorno dei paletti lungo la pista, ma mi sembra che questa generazione di piloti stia perdendo il senso del pericolo e del limite. Basti guardare la Gp2 e quanti incidenti succedono ad ogni gp. Anche per ridare valore al pilotaggio, il ritorno di qualche via di fuga in sabbia, il correre in veri circuiti cittadini e non finti come Valencia e Singapore, avere tratti che se sbagli paghi con il ritiro, riporterebbe la coscienza nei piloti, specialmente nei più giovani e spericolati, che nel motorsport ci si può ancora fare male.

commenti
  1. DanSanfy13 ha detto:

    Mi tocca.

    Si, questa volta mi tocca essere polemico.

    Ebbene si, gli sport motoristici sono pericolosi. Sono pericolosi oggi e lo saranno anche fra 50 anni. Perchè con la fisica, purtroppo, per quanto si possa tentare, non si vince mai. Potranno fare vie di fuga ampie come il parcheggio dell’Auchan di Torino, potranno fare barriere morbide come una Marshmellow ma ci sarà sempre l’imponderabile a mettersi in mezzo. Basti vedere quello che è successo a Massa un paio d’anni fa: puoi costruire le macchine perfette, ma come calcoli la possibilità che una molla ti colpisca il casco a 300km/h? E se chiudessero l’abitacolo, come ho letto, non sarebbe più F1 ma sarebbe un nuovo Gruppo C, un’Interserie, diciamo.

    Le corse sono sempre state pericolose, signori. Anzi, lo erano molto di più. Però, e vi chiedo onestà nella vostra riflessione, non era proprio la vecchia F1 ad affascinarci così tanto? Quella pericolosa davvero?

    Auto costruite senza alcuna nozione legata alla sicurezza dei piloti. Invenzioni di meccanica e pura abilità per tenere le auto in pista su quelle piste così pericolose da farti perdere 10 anni di vita solo a rivederne i filmati.

    E allora cosa vogliamo? L’uovo e la gallina contemporaneamente? Le auto da corsa, per loro stessa natura, sono missili scagliati a pochi millimetri da terra lungo un manto d’asfalto, che sibilano tra cordoli e muretti, come fosse un videogioco, appunto. Ma è l’essenza stessa del motorsport, signori, che richiede quel minimo di rischio. L’abilità del pilota viene richiesta anche nel non schiantarsi uscendo da un tunnel. L’abilità del pilota dev’essere anche quella di saper gestire se stesso all’interno dei limiti propri e della propria vettura. Se superi questo sei fuori, inevitabilmente.

    Eppure ricordo bene quanto ci facevano esaltare quei piloti che dei limiti delle piste se ne fregavano. Mi ricordo bene quanto ci faceva godere quel modo così folle di affrontare la propria vita guidando quei trabicoli oltre le possibilità di qualunque essere umano.

    E ci facevano impazzire quelle auto assurde, che viaggiavano contro la fisica stessa.

    Sto parlando di una F1 che non c’è più. Sto parlando di una F1 guidata da eroi, di ragazzi, di uomini che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra memoria. Sto parlando di gente che non c’è più, e che brillerà per sempre nelle nostre menti, perchè col loro coraggio infiammavano i nostri cuori.

    La F1 non può diventare totalmente asettica. Il rischio e la pericolosità sono una costante inevitabile.

  2. DanSanfy13 ha detto:

    Per precisare: concordo in pieno col pensiero dell’articolo.

  3. Giannazzo ha detto:

    Io credo che il fascino del pericolo sia una componente preponderante della passione che nutriamo nei confronti dell’automobilismo che fu.
    Credo anche che il fatto di sapere che allora si poteva lasciarci le penne ad ogni curva ci facesse “dubitare meno” della personalità dei piloti. Erano più “uomini” anche perché o conoscevano i propri limiti o ci lasciavano da giovani, per cui finivano con il crescere molto molto in fretta.
    Credo anche che in fondo nessuno voglia obbligare i ragazzi di oggi a passare da Masta, ma un minimo di rischio, solo in termini sportivi intendiamoci (chi sbaglia paga con ritiro o pesante ritardo) serve al motorsport, altrimenti si va a cercare lo spettacolo a tutti i costi, i sorpassi per forza, e certe serie, come la F1, proprio non ci sono tagliate.

  4. RN80 ha detto:

    Un discorso è l’imprevisto che ci può sempre essere in una corsa, un’altro è la pericolosità sottovalutata. Come dice nell’articolo sono cambiate le auto e molti circuiti per fortuna, ma credo che ogni tanto un incidente medio-grave (NON MORTALE PERO’) tipo quello di Perez o Kubica serva a far ritornare coi piedi per terra un bel po’ di addetti ai lavori e la maggioranza degli appassionati. Non ero ancora nato ma non rimpiango i tempi di quando Cevert fu spostato nonostante fosse dentro l’auto perchè “si vedeva che era chiaramente morto”, o di Rindt con lo sterno sfondato e il piede amputato per colpa di un pazzo che scavò una buca sotto le reti o del povero Van Vuureen tagliato a metà… Quella è una F1 che non rimpiango, rimpiango i sorpassi certo, l’atmosfera del tempo non da superstar hollywoodiane, ma il morto a ogni corsa no. Non ho vissuto quel periodo ma non credo che fu la pericolosità a far appassionare così tanta gente alla F1.
    Sono completamente daccordo invece con la parte circuiti, irruenza dei pilotini ecc.

    • depaillerontyrrellp34 ha detto:

      si si non è che io rivoglio i morti sia chiaro, solo che le piste sono troppo poco selettive e lasciano tanto spazio allo sbaglio senza pagare pegno…una volta sbagliavi e ti insabbiavi…stop…

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